Giovedì, 24 Marzo 2022 08:43

«Più dipendenti dall’estero» - CdT

SANITÀ / Secondo la «Statistica medica 2021» la quota di professionisti provenienti da altri Paesi è nuovamente aumentata, attestandosi al 38,4% Franco Denti: «Il numero chiuso va abolito» - Raffaele De Rosa: «La nuova Facoltà di scienze biomediche rappresenta un’importante risposta»
 
l problema è noto da tempo. Ma se in passato era conosciuto in particolare dagli specialisti, con l’arrivo della pandemia è diventato un tema di discussione pure per il «grande pubblico». Parliamo della penuria di medici in Svizzera e della difficoltà di reperire personale residente.
Come ogni anno, l’Associazione professionale dei medici svizzeri (FMH) è tornata a battere il chiodo, pubblicando la «Statistica medica 2021». Senza sorprese, dalle cifre emerge che «il numero di medici attivi in Svizzera è in aumento, ma la Confederazione diventa ogni anno sempre più dipendente dall’estero».
 
I dati salienti
 
Concretamente, nel 2021 su suolo elvetico si contavano 39.222 medici in attività, in aumento dell’1,9% (720 persone) rispetto al 2020. Una crescita che, spiega l’associazione, è dovuta in particolare all’incremento del numero di dottoresse (+694), a fronte di una lieve progressione (+26) tra i dottori. In percentuale, la quota di donne nel personale medico ha raggiunto a fine 2021 il 44,9%, mentre tale proporzione nel 2000 era di appena il 29,1%.
Come detto, però, a tenere banco sono le cifre relative alla dipendenza dall’estero che, appunto, anche nel 2021 è cresciuta leggermente. Degli oltre 39 mila medici che esercitano nel nostro Paese, 15.077 hanno ottenuto la loro laurea in medicina all’estero. Rispetto al 2020 si tratta di un aumento di un punto percentuale. Complessivamente è stata così raggiunta quota 38,4%.
Ma la tendenza è in atto da diversi anni, sette per la precisione: nel 2014 la percentuale si attestava infatti al 31%. Va inoltre precisato che la maggior parte dei medici stranieri proviene dalla Germania (51,8%), seguita a ruota da Italia (9,2%), Francia (7,2%) e Austria (6,0%).
Secondo l’organizzazione, la dipendenza nei confronti dell’estero è pure destinata ad aumentare nei prossimi anni: nel 2021, ad esempio, 1.118 medici hanno ottenuto un diploma federale, mentre lo stesso anno la Commissione delle professioni mediche ha riconosciuto 2.736 diplomi esteri.
 
L’età che avanza
 
L’associazione fa poi notare che anche nel 2021 l’età media dei medici è leggermente aumentata, attestandosi a 50 anni. E circa un medico su quattro è ultra 60.enne.
 
Meno donne ai vertici
 
Infine, la FMH rimarca un’altra problematica emersa dalla «Statistica medica»: nel settore ospedaliero più si sale nella gerarchia e più la quota delle dottoresse diminuisce: tra i medici assistenti la percentuale delle donne è preponderante (59,5%), poi continua a calare: è del 49,8% tra i capiclinica, del 29,5% tra i medici aggiunti e del 15,3% tra i capi medici.
 
Ma qualcosa si muove
 
E se come detto il problema è noto da tempo, anche le soluzioni proposte dagli specialisti restano le medesime. Da noi contattato, il presidente dell’Ordine dei medici del Canton Ticino Franco Denti spiega infatti che, per ridurre la dipendenza dall’estero, occorrerebbe innanzitutto abolire il cosiddetto « numero chiuso» per accedere agli studi universitari, formando così più giovani residenti: «L’esame di ammissione - rimarca Denti - non tiene per nulla conto della vocazione dei giovani per questa professione». Secondo il presidente dell’Ordine dei medici, la «selezione» andrebbe dunque fatta man mano all’interno della formazione e non ponendo un gradino insuperabile all’ingresso.
 
Un altro tema caldo riguarda l’adozione del nuovo tariffario «Tardoc», che andrebbe a sostituire l’attuale «Tarmed». Un dossier che, spiega Denti, purtroppo è attualmente bloccato a livello federale.
Sul fronte cantonale, invece, Denti rimarca che negli ultimi anni qualcosa si è mosso. Da una parte tramite il programma cantonale «Assistentato in ambulatorio privato di medicina interna» promosso in collaborazione con il DSS, tramite il quale si incentivano i giovani a lavorare in uno studio 
medico di famiglia con l’obiettivo di garantire un maggior ricambio generazionale. Dall’altra parte, sul fronte universitario, ossia dell’USI, si sta lavorando alla nascita dell’Istituto di medicina di famiglia. Un altro tassello che, sottolinea Denti, darà un impulso positivo alla professione. Il presidente dell’Ordine dei medici evidenzia infine un altro annoso tema, ossia quello «della crescente burocrazia, che porta via tempo prezioso ai medici, il quale andrebbe invece dedicato ai pazienti».
Gli sforzi intrapresi
Dal canto suo, il consigliere di Stato Raffaele De Rosa ricorda che «quello della penuria di medici è un tema federale per il quale la politica ha riconosciuto l’esigenza di agire ». Ad ogni modo, aggiunge, «il piano che la Confederazione ha attuato per formare circa 1.300 medici risulta comunque insufficiente per colmare il fabbisogno». E secondo il direttore del DSS «il problema è sostanzialmente legato alle risorse dedicate alla formazione in questa onerosa disciplina» e per questo motivo «occorrerà compiere ulteriori sforzi, aumentando i posti di formazione». In questo senso, spiega poi il consigliere di Stato, «la creazione della nuova Facoltà di scienze biomediche all’USI rappresenta un’importante risposta per riuscire a formare più medici nel nostro Paese».
 
Inoltre, come Denti anche De Rosa ricorda che il DSS ha «dato sostegno al progetto di Istituto di medicina di famiglia e ha altresì provveduto ad avviare un programma di sostegno per l’assistentato in ambulatorio medico privato di medicina interna generale per contribuire al rafforzamento dei medici di famiglia attivi sul territorio cantonale ». Riguardo invece alla questione del ricambio generazionale, De Rosa evidenzia che la problematica è reale, «soprattutto se pensiamo ai medici di famiglia». «L’età media si aggira attorno ai 60 anni e nei prossimi 10 anni numerosi medici di base andranno in pensione. Ma anche per quanto riguarda i medici specialisti le prospettive sono comunque a tinte fosche, tanto più in rapporto all’invecchiamento della popolazione e al conseguente bisogno di cure », aggiunge il direttore del DSS. E per questo motivo, anche su questo fronte « è importante incrementare lo sforzo nella formazione, soprattutto dei medici di famiglia, con nuovi incentivi come quelli indicati poco fa». Infine, De Rosa sottolinea il fatto che sempre più spesso «constatiamo che tra i medici viene ricercato un maggior equilibrio nella suddivisione tra tempo di lavoro e vita privata ». E a questo proposito «un altro problema può essere rappresentato dai picchetti e dal lavoro notturno o durante i giorni festivi». «In questo senso - conclude - lo sviluppo di nuove forme di partenariato e il rafforzamento della collaborazione interprofessionale possono alleviare il carico professionale».