Lunedì, 19 Settembre 2016 09:13

Rapporto di minoranza 2 della Commissione della gestione e delle finanze sul messaggio 20 aprile 2016 concernente il pacchetto di misure per il riequilibrio delle finanze cantonali

1.    PREMESSA
Anche il gruppo dei Verdi concordano con la premessa seguente contenuta nel Rapporto di maggioranza (pag. 2):
 
"Lo stato delle finanze cantonali desta non poche preoccupazioni per la condizione attuale ma soprattutto per le prospettive a medio termine. Un capitale proprio negativo di quasi mezzo miliardo di franchi, un indebitamento cresciuto ormai alla soglia di 2 miliardi di franchi e una tendenza continua alla crescita della spesa sono segnali che devono richiamare a un’assunzione di responsabilità generalizzata e a una presa di coscienza che chiede un intervento a più livelli e che coinvolga tutti nel nostro Cantone, dalla politica alla cittadinanza, dagli enti terzi ai Comuni."
Per le ragioni che seguono questo non può comunque avvenire attraverso un pacchetto di misure costruito in modo artificioso lì per lì al solo scopo economicistico di condurre a finalità contabili.
Manca una chiara visione di un futuro incombente che marca al peggio. Manca una strategia politica volta al consolidamento della struttura finanziaria portante del Cantone.
Si tratta in sostanza di misure “da pizzicagnolo”, che non toccano l’impostazione portante dei compiti dello Stato (mantenendo quindi anche quelli ridondanti, o quelli creati artificialmente al solo scopo del politicamente corretto), ma si limitano a proporre aggravi, soprattutto nella politica sociosanitaria, e maggiori contributi indiscriminati, ossia privi di ammortizzatori sociali (aumento delle stime immobiliari; che, sia detto a chiare lettere, crea più danni sociali su riduzioni dei premi nell'assicurazione malattie, sulle PC e sulle borse di studio rispetto alle misure risparmistiche puntuali contenute in questa manovra incolore e inaccettabile).
È una manovra da Repubblica dell’Iperbole, dove:
•    si toccano massicciamente gli interventi sociali, i cui effetti si ripercuotono sulle fasce di popolazione del ceto medio-inferiore;
•    non esita a colpire anche i bisogni sociali primari: vedasi le ricadute sociali della rivalutazione delle stime immobiliari, il carico sui malati (tassa sulle cure a domicilio), o sugli invalidi (aumento delle rette per i centri diurni o tassa per permesso di posteggio), oppure sui poveri (adeguamento delle soglie di intervento LAPS a svantaggio dell’utente, con l’ennesima ripercussione restrittiva anche sui sussidi LAMal);
 
ma nel contempo altrove:
•    si aumentano gli stipendi ai Consiglieri di Stato per neutralizzare i contributi al secondo pilastro (misura che potrebbe apparire logica solo in un contesto ove non si chiedono sacrifici massicci alle fasce meno abbienti della popolazione);
•    si procede con costose sperimentazioni nella scuola che richiamano più la fine del millennio scorso, che non una risposta a bisogni veramente necessari;
•    si continua a sussidiare il benessere e lo svago dei ceti socialmente, ma anche economicamente (paradosso!) elevati (sussidiamento a opere private di svago, poi tutte passate sotto il capitolo generale della cultura).
Alla luce di queste semplici considerazioni non può essere seguito il Rapporto di maggioranza nell'affermazione seguente (pag. 2):
"In effetti rinunciare a questo pacchetto significherebbe fondamentalmente andare ad aumentare l’imposizione a cittadini e imprese senza però risolvere i problemi finanziari strutturali che attanagliano questo Cantone e quindi ritrovarsi, tra qualche anno, con le imposte più alte e ancora una volta ai piedi della scala."
Si è detto a chiare lettere: per il Gruppo dei Verdi non si tratta di plaudire ad aggravi fiscali.
Anzi: la consapevolezza è che una pressione fiscale smodata non farà altro che accentuare lo stato di crisi sociale e di conseguenza a ridurre ulteriormente il gettito fiscale, inteso come fonte unica di ridistribuzione della ricchezza a vantaggio di tutti, e soprattutto dei ceti più deboli.
Si tratta però di proporre soluzioni organiche di intervento strutturale, e non misure raffazzonate, in ordine sparso e prive di un denominatore comune come lo sono quelle proposte dal Consiglio di Stato attraverso il Messaggio n. 7184.
Le misure di retroguardia, peggio ancora se dal sapore retrogrado e finanziariamente forzato, non hanno mai fatto l'interesse di uno Stato, né dell'indispensabile coesione sociale, né del promovimento del senso dello Stato tra la popolazione.
Paternalistico e saccente è poi l'altisonante appello finale della maggioranza commissionale (pag. 15):
"In momenti di difficoltà finanziaria è fondamentale un’accresciuta assunzione di responsabilità da parte di tutti gli attori politici, economici e sociali per far fronte alla necessità di mantenere finanze sane affinché sia garantito uno Stato forte in grado di svolgere i compiti che gli vengono assegnati. Quando vi è una necessità di rientro dell’ordine di centinaia di milioni di franchi all’anno nessuno può chiamarsi fuori e pretendere di essere intoccabile, pur ammettendo che è necessario porre delle priorità di intervento."
"Un’accresciuta assunzione di responsabilità da parte degli attori politici" dovrebbe proprio evitare di presentare una sfilza scoordinata di misure da speziale, per lasciar spazio ad una visione di crescita coordinata del Paese, incentrata sul promovimento del senso dello Stato, e dicendo chiaramente che è al superfluo che si deve rinunciare, o comunque a ciò che non è assolutamente indispensabile, e non toccare solo i più deboli.
Perché questa manovra è incentrata prima di tutto sul peggioramento delle condizioni dei più deboli socialmente, all'insegna del dipartimentalismo spiccato: se la parte sociale fa la parte del leone nella politica risparmistica, significa che altrove si può proclamare senza patemi la teoria del "tutto è utile" in quello che già si fa, o quello che si ha intenzione di fare, perché tanto è la socialità che passa alla cassa nei tempi di magra.
 
2.    I TEMPI MAGRI DELLA CONGIUNTURA
Il Gruppo dei Verdi concorda con le diagnosi di fondo del Rapporto di minoranza 1, secondo cui (pag. 6):
"anche il Ticino, come del resto la Svizzera e tutti i paesi ad economia avanzata, a partire dalla fine della seconda Guerra mondiale e fino al 1973 (il periodo denominato delle "trentes glorieuses"), anno in cui è iniziata la così detta “crisi del petrolio” (..), ha conosciuto una forte crescita economica a livello nominale e reale, un forte incremento dei redditi per la maggior parte delle persone come pure degli utili per gli imprenditori privati e di conseguenza anche delle risorse fiscali per le finanze pubbliche."
È stato il periodo di maggior splendore sociale, dove grazie alla disponibilità finanziaria si è potuto assicurare un tenore di vita dignitoso a tutta la popolazione, fasce deboli comprese.
Mai, nella storia, il divario sociale tra classi elevate e classi deboli è stato così ridotto.
Oggi per mantenere, o in ogni caso salvaguardare, questo traguardo socialmente nobile e di alto valore civile, dobbiamo giocoforza abbandonare quanto non è strettamente necessario; e ciò proprio in ragione della diagnosi, correttamente esposta, di cui al Rapporto di minoranza 1 (pag. 7):
"Diversamente dal periodo precedente, dall’inizio degli anni ’90 e fino ai nostri giorni, il Ticino come la Svizzera e tutti gli altri paesi economicamente avanzati hanno registrato una crescita economica molto contenuta con una conseguente stagnazione dei redditi e degli utili come pure delle entrate fiscali del Cantone. È da quel momento che sono emerse le difficoltà che caratterizzano cronicamente le finanze cantonali."
Si tratta in sostanza di non mortificare la crescita economica con nuovi fardelli burocratici, ma anche fiscali, perché solo da essa dipende la forza del gettito fiscale che dovrà servire alla ridistribuzione socialmente mirata.
E se fino agli anni 90 del millennio scorso le risorse fiscali potevano servire anche ad abbellimenti di società - la ciliegina sulla torta -, o allo sfoggio del clientelismo (come certe forzature che si sono registrate anche nella pubblica Amministrazione), oggi devono essere limitate all'essenziale, inteso come tutela dei diritti sociali all'apprendimento, alla sanità e alla sicurezza di tutta la popolazione; soprattutto delle fasce di popolazione emarginate anche da politiche settoriali sempre più miopi e alla ricerca del puro pareggio dei conti interno fine a se stesso (assicurazione contro la disoccupazione e assicurazione invalidità, che da tempo hanno dismesso il ruolo di perno della rete sociale di sostegno).
Senza mai dimenticare tre aspetti:
a.    il nostro gettito fiscale è grandemente sostenuto, e supportato, dai microconsumi individuali (e se la gente non ha più soldi non spende, l'economia si inceppa, la disoccupazione aumenta e il gettito fiscale dello Stato si riduce);
b.    in futuro la spesa sociale aumenterà in via naturale con l'invecchiamento della popolazione, se si vuol confermare il principio etico della qualità del servizio verso questa fascia di popolazione;
c.    la sanità di qualità, e soprattutto democratica nell'accesso, ha inevitabilmente i suoi costi specifici, determinati per un buon 85% dal livello salariale degli operatori, opportunamente protetti da protezioni sindacali ottimali.
Dove invece non può essere seguito il ragionamento del Rapporto di minoranza 1 è nella genesi dei "nuovi compiti (...) del Cantone" (pag. 7):
"il nuovo sistema socio-economico ha continuato a generare nuovi compiti in tutti i campi dell’attività del Cantone."
Se è vero che alcuni aspetti sono emersi come conseguenza - l'invecchiamento della popolazione, la maggior attenzione verso la tutela della salute individuale, una più elevata richiesta formativa, in ragione del maggior benessere sociale -, è altrettanto vero che nuovi compiti sono stati spinti dal benessere più che dai bisogni primari o essenziali, o sono stati generati in seno all'Amministrazione medesima dall'orientamento di pensiero verso l’esasperazione nell’utilizzo degli algoritmi nell'illusione che solo così si potessero risolvere tutte le discrepanze. In realtà ciò ha solo ingigantito l'apparato amministrativo a oltranza, creando grandi opacità interpretative verso l'utenza o meccanismi ingestibili da parte della popolazione.
Si pensi solo alla riduzione dei premi LAMal, oggi assolutamente incomprensibile dai più nel funzionamento, o dagli AFI-API, che al minimo inghippo richiedono un ausilio fatto di assistenza legale.
Non è normale che per essere sicuri di aver impostato in modo corretto una procedura sociale occorra un'assistenza legale. Ciò è sinonimo che qualcosa (o tanto) è sfuggito di mano e che non vi sia stato un opportuno filtro tra le impostazioni teoriche e gli sviluppi abnormi dei meccanismi come conseguenza.
Che senso ha, ad esempio, spaccare il capello in quattro per definire il reddito disponibile (oltre tutto "semplificato"!) nella riduzione dei premi LAMal per tipologie multiple di economia domestica, con tutto quanto ne consegue a livello di apparato amministrativo, quando alla fin fine non si hanno i mezzi finanziari sufficienti per corrispondere all'assicurato quanto l'algoritmo di calcolo conclude, al punto da dover introdurre poi coefficienti di riduzione per l'importo reale?
In generale tutto il vivere civile si è infittito di leggi, regole, norme e dispositivi sovente fine a sé stessi, e che generano effetti parassitari.
Auspicabile è dunque una semplificazione del funzionamento dello Stato, parte sociale compresa, che segua criteri di ragionevolezza olistica piuttosto che fondarsi su teorizzazioni spinte, avulse dalla realtà e che generano burocrazie fine a sé stesse e ricadute con effetti indesiderati sulla cittadinanza.
Tutti sanno, o dovrebbero sapere da anni, che una riforma dello stato sociale nel nostro Cantone non è più dilazionabile, all’implosione dello stesso non manca molto.
Ora è vero, come rileva il Rapporto di minoranza 1 (pag. 7), che
"il Ticino è passato da un’economia ancora vicina al mondo rurale a un’economia marcatamente di servizi, l’evoluzione dei redditi e dei bisogni non è nei tempi simmetrica. Se nelle prime fasi prevale l’aumento dei redditi rispetto alla crescita dei bisogni, per un certo tempo spesso si continua a vivere secondo le vecchie abitudini, nelle fasi successive sono i bisogni a crescere maggiormente rispetto ai redditi, il valore reale pro-capite di questi ultimi spesso può addirittura diminuire."
Ed è anche nella realtà dei fatti che:
"se il sistema socio-economico più avanzato induce nuovi compiti, non per questo i compiti classici diventano obsoleti. Nella maggior parte dei casi è proprio il contrario."
Questo dovrebbe indurre le istituzioni a selezionare quali dei "nuovi compiti indotti" non è più sostenibile in ragione della situazione precaria delle finanze pubbliche (e non necessariamente perché si rivelano inutili in sé e per sé); e ciò proprio nell'ottica di tutelare appieno i "compiti classici", nella piena consapevolezza che questi non sono diventati "obsoleti".
Perché se non lo si facesse, saranno proprio i "compiti classici" a pagare le conseguenze dei tagli lineari, o della simmetria dei sacrifici (chi è povero non deve più essere obbligato a sacrifici!), a detrimento dei compiti sostanziali dello Stato in quanto a tutela della pari dignità della cittadinanza, ceti sociali sfavoriti compresi.
Ma questo non certo attraverso una spocchiosa e sconclusionata serie di misure settoriali, senza una finalità logica nell'insieme, se non quella di raggiungere un mero risulto contabilmente utile.
Per queste ragioni non possono essere seguite le conclusioni del Rapporto di minoranza 1 di accettazione del principio del pacchetto di riduzioni, pur con tutti i correttivi e gli emendamenti proposti e per larga parte condivisibili.
Per i Gruppo dei Verdi si tratta di una questione di principio: non può essere approvabile una metodologia sconnessa per il solo fatto che la medesima raggiunga, magari attraverso anche emendamenti condivisibili, una finalità contabile.
Anche perché la parte sostanziale del riequilibrio poggia su una sola misura, la rivalutazione delle stime immobiliari, che per le già ricordate sue inique ricadute sociali intrinseche non può essere ammessa.
Occorre un progetto di società studiato nei dettagli, a cui corrispondano compiti pubblici e apparati amministrativi adeguati.
Solo attraverso questa strategia, i cui risultati, soprattutto contabili e finanziari, possono essere anche non immediati, si potrà configurare una struttura stabile nei rapporti tra cittadino e Stato.
Ciò che darà una garanzia di qualità e di stabilità non solo finanziaria, ma anche in fatto di coesione sociale e di rispetto ambientale.
Invece i pacchetti "da pizzicagnolo", come quello in esame, non danno alcuna garanzia di stabilità strutturale, avranno un effetto a corto termine, e già tra qualche anno ci si troverà confrontati con l'esigenza di un pacchetto-bis "da pizzicagnolo" per sanare la nuova emergenza dovuta a discrepanze nelle finanze pubbliche, gravate da nuove e onerose esigenze solo in ragione delle cause naturali, e nel contempo di civiltà, dovute all'invecchiamento della popolazione.
 
3.    CONCLUSIONI
Per le ragioni che precedono, per i Verdi la manovra in sé è da rigettare senza controprogetto.
Per scrupolo di analisi si opporranno considerazioni critiche su singoli provvedimenti di competenza del Gran Consiglio.
 
4.    SULLE MISURE DI COMPETENZA DEL PARLAMENTO
4.1.3    G2018 - Giudicature di pace
La misura proposta è da sospendere in attesa del progetto denominato “Giustizia 2018”.
La giustizia di prossimità merita infatti un'attenzione particolareggiata perché tocca molto più direttamente la popolazione. Che a giudizio dei Verdi deve poter accedere alla giustizia primaria senza spese.
Anche per questa ragione la proposta come tale deve essere sospesa.
4.1.4    Ufficio del giudice dei provvedimenti coercitivi – Riduzione giudici da 4 a 3
Proposta da respingere per le conseguenze che comporta.
Non è sufficiente prevedere, in sostituzione, qualche giurista in più.
5.1.2    Riduzione contributo localizzazione geografica in base allo stato di avanzamento delle aggregazioni - Legge sulla perequazione finanziaria intercomunale (LPI)
Pur ritenendo necessario spronare i Comuni restii, o recalcitranti, verso le aggregazioni, la misura proposta è da rigettare per il suo carattere esclusivamente punitivo.
5.1.4    Partecipazione dell’utente ai costi delle prestazioni di cura dei servizi di assistenza e cure a domicilio e conseguente aggravio PC AVS/AI
Misura da respingere in modo deciso sulla base delle motivazioni con le quali, coscientemente, il Consiglio di Stato ha risolto a suo tempo di escluderla (Messaggio n. 6390 del 24.08.2010), approvato dal Gran Consiglio in data 30.11.2010 (non quindi in tempi antidiluviani!):
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Utenti cure ambulatoriali
Nessun cambiamento, nel caso in cui, come raccomandato dalla CDS, il Cantone non introdurrà il contributo giornaliero dell’utente ai costi delle cure.
L’introduzione avrebbe le seguenti conseguenze dal punto di vista degli utenti:
1.    nessun effetto per il gruppo di utenti beneficiari di PC , poiché ribalteranno sulle PC il contributo giornaliero ai costi delle cure (in aggiunta alla partecipazione di cui all’art. 64 LAMal: franchigia + partecipazione del 10%);
2.    un effetto negativo e lineare (non proporzionato cioè alla capacità finanziaria) per tutti gli altri utenti, in quanto il sistema attuale non conosce questo contributo.
Sul piano della qualità, gli utenti delle cure ambulatoriali potranno usufruire di prestazioni uniformi, indipendentemente dal tipo di fornitore della prestazione.
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1.    Nel settore delle cure a domicilio, deve essere preminente l’obiettivo di favorire il mantenimento a domicilio, secondo il principio “l’ambulatoriale prima dell’istituto”. Va quindi seguita la raccomandazione della CDS di non introdurre la partecipazione dell’utente ai costi di cura secondo il nuovo ordinamento.
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3.2.2    Nel settore ambulatoriale
Il nuovo art. 25a LAMal lascia la facoltà ai Cantoni d’introdurre o no il contributo dell’utente ai costi della cura. Tale possibilità è stata attentamente valutata anche riguardo al settore ambulatoriale e, in definitiva, è stata scartata poiché il nuovo contributo costituirebbe:
1.    un onere supplementare per l’utente, non relazionato alla sua capacità finanziaria né al grado di bisogno terapeutico, senza alcuna contropartita;
2.    una misura in controtendenza rispetto all’obiettivo di favorire la permanenza a domicilio: nel settore ambulatoriale verrebbe introdotto un nuovo contributo personale dell’utente ai costi di cura, mentre nel settore delle case per anziani viene limitato il contributo esistente;
3.    una complicazione ulteriore del sistema, che potrebbe disorientare gli utenti anziani e i loro familiari (che ne costituiscono la stragrande maggioranza), con possibili ripercussioni negative sul principio “l’ambulatoriale prima dell’istituto”. Il sistema di “partecipazione” ai costi di cura si comporrebbe di ben 4 tasselli:
a.    premio cassa malati;
b.    franchigia;
c.    aliquota di partecipazione in base all’art. 64 cpv. 2 LAMal (10% dei costi eccedenti la franchigia);
d.    contributo giornaliero personale in base al nuovo art. 25a cpv. 5 LAMal (massimo 20% della tariffa più elevata a carico della cassa malati).
4.    un’incombenza amministrativa ulteriore con costi amministrativi aggiuntivi per i fornitori di prestazioni, per gli assicuratori malattia e per i Cantoni.
Si propone quindi l’adesione alla raccomandazione della CDS di rinunciare ad introdurre un contributo giornaliero dell’utente ai costi delle cure ambulatoriali.
Le medesime ragioni portano a proporre di rinunciare ad introdurre un contributo giornaliero ai costi delle cure anche per gli utenti dei centri diurni terapeutici, mantenendo l’attuale sistema della retta fissa per giornata di presenza.
Si richiama, al riguardo, il principio della non contraddizione, a cui sono tenuti, in primo luogo, sia il Governo che il Parlamento.
5.1.5    Politica familiare: riorientamento attraverso misure a sostegno dell’autonomia e della conciliabilità
Il preambolo è ingannevole:
"La riforma, articolata in diverse misure coordinate tra loro, consiste in una riduzione degli importi previsti come soglia d’intervento della Legge sull’armonizzazione e il coordinamento delle prestazioni sociali (Laps) allo scopo di permettere la riallocazione parziale di risorse per sostenere e promuovere degli interventi qualificanti di conciliazione famiglia e lavoro."
Lo scopo è invece quello di un aggravio sulle fasce più deboli di popolazione attraverso la contrazione della soglia di intervento LAPS.
In ogni caso il saldo dell'operazione è solo a favore della contabilità di Stato.
Sulle misure
Ridefinizione delle scale di equivalenza LAPS
La misura è unicamente di stampo risparmistico.
Molto più corretto, politicamente, sarebbe l’introduzione di coefficienti di riduzione delle prestazioni a motivo dello stato delle finanze del Cantone (moltiplicatori in negativo [<100%]).
Questa misura non sarebbe stata accolta dal Gruppo dei Verdi per motivi di finalità sociali negative, ma almeno si tratterebbe di un discorso più onesto nei confronti della popolazione, in luogo di agire nell’ombra e con motivazioni contorte.
Le scale di equivalenza non derivano da un procedimento scientifico, ma appaiono date in forza di una convenzione sociale acquisita.
Le scale di equivalenza PC sono un riferimento concreto, oltre tutto valido sul piano nazionale.
Ritoccare ad hoc scale di equivalenza consolidate al solo scopo di conseguire risparmi appare politicamente puerile e anche poco corretto.
Sarebbe stato molto più onesto il discorso del “Non si hanno più soldi, ergo abbassiamo i risultati calcolatori con coefficienti di contenimento”.
Questo il vero discorso da tenere con responsabilità politica, in luogo di perseguire vie nascoste per sfuggire all’impopolarità.
E per non attirare l’attenzione sull’andamento più che discutibile di certi ambiti amministrativi (ad esempio l’astruso modello di sospensione cantonale delle prestazioni LAMal per cittadini in mora con i pagamenti).
 
Riallocazione a favore di misure di politica familiare
Dicitura apparentemente accattivante, il cui scopo è mitigare gli effetti negativi delle decurtazioni conseguenti all’abbassamento delle prestazioni LAPS derivanti dall’introduzione delle prospettate nuove scale di equivalenza.
Raramente si è vista una complicazione del sistema di similare natura.
In luogo di procedere a semplificazioni delle impostazioni, a tutto vantaggio della trasparenza verso la popolazione, ecco nuove misure all’insegna dell’assoluta opacità, sulla scia di un sistema sociale già complesso oltre i limiti dell’accettabile.
Una delle giustificazioni della riduzione delle prestazioni LAPS ordinarie è la seguente:
"I cambiamenti introdotti da questa riforma permettono inoltre di rimuovere alcune distorsioni del sistema in vigore, segnatamente per le famiglie i cui bambini non possono accedere alla scuola dell’infanzia fino al compimento dei 4 anni."
La "rimozione delle distorsioni" doveva comunque già essere introdotta a partire da criteri di equità sociale e come provvedimento correttivo a sé stante.
Ora far apparire questo orientamento come una conquista in ragione di una decurtazione in altri settori LAPS appare veramente poco corretto politicamente.
Nei dettagli
Il reddito disponibile residuale
Il reddito disponibile residuale è da intendere come il reddito disponibile dell'unità di riferimento al momento dell'inoltro della richiesta.
Si ottiene sottraendo dalla somma dei redditi computabili (redditi da lavoro, rendite ecc.) la somma delle spese computabili (spesa per l'alloggio, oneri AVS/AI/IPG ecc).
La prestazione sociale scatta solo se il reddito disponibile residuale ottenuto si situa al di sotto della soglia di reddito.
La soglia di reddito viene definita attraverso le scale di equivalenza.
La soglia di reddito
Con l'aumentare del numero dei membri, una famiglia necessita di maggiori risorse per avere lo stesso tenore di vita. Nelle prestazioni sociali per determinare il fabbisogno suppletivo per ogni membro supplementare ci si basa sulle cosiddette «scale di equivalenza».
L'importo per la prima persona è calcolato come valore di riferimento, i coefficienti per la determinazione degli importi per le persone aggiuntive sono ridotti e variano a dipendenza della prestazione sociale o legge di riferimento. Il reddito non deve infatti aumentare in modo lineare, perché una famiglia con più persone realizza dei risparmi rispetto a una persona singola, segnatamente perché condivide alloggio e beni di consumo (economie di scala). Così, una famiglia di quattro persone non ha bisogno di spendere quattro volte di più di una persona che vive da sola per raggiungere lo stesso tenore di vita.
E fin qui nulla da eccepire.
Attualmente la soglia d’intervento Laps richiama le disposizioni previste dalla legislazione federale sulle prestazioni complementari all'AVS e all'AI.
Secondo il Governo, l’attuale riferimento nella Laps alle disposizioni valevoli per le prestazioni complementari AVS/AI porrebbe "alcuni problemi, poiché la tipologia dei beneficiari è differente".
Quali sono questi problemi?
Il Messaggio non lo dice e resta molto sul vago, proprio perché l'obiettivo non è una maggiore equità, come artificiosamente si dice spesso, ma il risparmio puro e semplice.
Si limita a dire, laconicamente, il Governo: "Tuttavia il divario attuale e la progressione prevista dalla Laps a partire dalla seconda e successiva persona devono essere riviste al fine di mantenere sia una coerenza interna tra le prestazioni sociali cantonali, sia per tenere conto degli studi recenti elaborati a livello nazionale sul costo dei figli".
Circumnavigazione con parole: ma cosa significa ciò?
Non è dato di sapere.
Per gli appena menzionati "studi nazionali” ebbene, il tutto è molto opinabile.
Plana il sospetto che questi studi siano stati forzati nella finalità di giustificare una stretta ai cordoni della borsa della spesa sociale (cosa che capita assai di frequente, ormai, anche nelle istanze federali: sanità compresa!).
In Ticino poi fino a ieri il riferimento alla prestazione complementare per le scale di equivalenza era considerato la quintessenza dell'equità (si veda il Messaggio della Laps).
Oggi si abbandona il tutto in fretta e furia sull'altare del risparmismo.

In pratica si crea una nuova scala di equivalenza di comodo e pro domo.
Perché, ad esempio, dalla 3a persona si diminuisce il coefficiente di 0.17 e non 0.15, o 0.12?
Solo per comodità di risultato: non c'è alcuna giustificazione scientifica.
Il Consiglio di Stato padrone del vapore
Nella manovra il Governo chiede poi che la competenza di determinare i limiti Laps deve essere conferita al Consiglio di Stato.
Motivazione: perché "ciò consentirebbe all’Esecutivo di disporre di un maggior margine di manovra in termini finanziari".
Questa la verità sostanziale è l’unico vero scopo dell'operazione.
Però questa verità è molto nascosta nel Messaggio.
Evidente che ogni anno il Governo ridurrà gli effetti della scala di equivalenza a fini di risparmio; e ciò senza più passare dal Parlamento.
Questa cambiale in bianco è ancora peggio della riduzione in sé proposta nel Messaggio!
E non è finita qui.
Nel contempo, sempre - testualmente - "allo scopo di consentire al Consiglio di Stato di disporre di un maggior margine di manovra in termini finanziari", anche per gli importi massimi di assegno integrativo si prevede di introdurre la delega al Consiglio di Stato tramite il (nuovo) art. 49 cpv. 3 Laf.
Altra cambiale in bianco insostenibile.
L'obiettivo dichiarato
Questa modifica consente un risparmio lordo di 6.3 milioni per il Cantone, segnatamente con la riduzione della spesa per assegni integrativi e di prima infanzia.
L'alternativa almeno politically correct
Come ricordato in precedenza, se l'obiettivo è quello del risparmio - e questo vale per chi lo vuole raggiungere ad ogni costo, non per il Gruppo dei Verdi - molto più corretto, politicamente, sarebbe l’introduzione di coefficienti di riduzione delle prestazioni a motivo dello stato delle finanze del Cantone (moltiplicatori in negativo [<100%]).
Si tratterebbe di un discorso più onesto nei confronti della popolazione, in luogo di agire nell’ombra e con motivazioni contorte.
 
Aumento parziale delle due costanti che definiscono il reddito disponibile massimo nella Ripam ordinaria
Di nuovo si prospettano misure di contenimento a livello di questa prestazione sociale primaria; decisamente la più tartassata nel recente passato.
Con l’aggravante, infastidente, di proclami sulla maggior equità del sistema.
Si tratta di misure di risparmio che peseranno fortemente, e di nuovo, soprattutto sul ceto medio-inferiore.
Inaccettabile l'interpretazione seguente:
"In particolare, la scorsa legislatura è stata quindi caratterizzata da un rilevante intervento sull’evoluzione della spesa per la riduzione dei premi nell’assicurazione malattia obbligatoria. La riforma, entrata in vigore nel 2015 e presentata dal Consiglio di Stato con il Messaggio n. 6982 del 10 settembre 2014, ha migliorato il modello Ripam, garantendo coerenza al sistema in termini di politica sociale grazie a una maggiore equità e a un intervento mirato."
Corretta nell’impostazione appare per contro la citazione seguente contenuta nel messaggio, da cui traspare la portata del risparmio di cui alla manovra RP 2015:
"all’esame dei contributi per la riduzione dei premi dell’assicurazione malattia (pista di azione 5.3.1), che ha condotto a una prima proposta di modifica Ripam con una riduzione della spesa stimata in 14.5 milioni di franchi (Messaggio n. 6851, approvato dal GC il 25 novembre 2013, ma respinto in votazione popolare il 19 maggio 2014), a uno studio affidato alla SUPSI per valutare l’efficacia del nuovo sistema di sussidiamento in base al criterio del reddito disponibile e a una seconda proposta di riforma strutturale (Messaggio n. 6982, approvato il 3 novembre 2014), che ha infine permesso un effetto positivo sui conti del Cantone stimato in 19.3 milioni di franchi;"
In realtà si è trattato solo di un intervento con finalità risparmistiche, che hanno determinato effetti dolorosi per il ceto medio-inferiore.
Quelle ulteriormente previste in questa manovra sono solo di misure di risparmio ulteriori, apportate a un sistema opaco per l’utente farraginoso, disordinato e confuso nella metodologia e nelle procedure.
È assolutamente inutile mantenere un sistema amministrativo complicato e poi arrivare alla conclusione che non si possono garantire finanziariamente le risultanze calcolatorie ottenute.
Siccome l’indirizzo è quello di ridurre gli importi di riduzione premi a ogni manovra finanziaria, si passi senza indugio ad un sistema di corresponsione più trasparente verso il cittadino e decisamente meno macchinoso nei meccanismi applicativi.
Il sistema corrente è da cambiare radicalmente e senza indugio, indipendentemente dalle conclusioni, del resto scontate, del (o dei) rapporto/i Supsi.
Si dimentica però volutamente di evocare gli effetti della nuova proposta del DSS dopo la bocciatura popolare dei primi tagli.
Si è voluto artificiosamente e forse con l’inganno vendere la manovra come estromissione dalla riduzione premi delle fasce di reddito relativamente alte.
In realtà le conseguenze per il ceto medio basso sono state dirompenti.
Con il sistema attuale è infatti impossibile limitare la riduzione premi verso l’alto senza toccare tutte le fasce che ne beneficiano, come evidenzia il modello teorico che segue (rappresentazione approssimativa degli effetti verso le fasce immediatamente più basse):
 
Se si intende porre a 7'000 il limite di accesso alla riduzione premi, in luogo di 10'000, la decurtazione non avviene solo sulla fascia tra 7'001 e 10'000, ma tutte le fasce, anche quelle basse, ne sono toccate.
E in maggior misura lo sono quelle appartenenti al ceto medio-basso.
Cosa che è avvenuta con la manovra RP 2015!
Del resto era evidente che se la manovra in votazione, e respinta in voto popolare, rappresentava un risparmio di CHF 14.5 Mio, una di 19.3 Mio crea maggiori incidenze sociali.
Peccato che il Parlamento non abbia voluto soppesare in modo più incisivo questo aspetto in sede di
dibattimento sul Messaggio n. 6982 (riforma RP 2015).
 
La modifica delle scale di equivaleza LAPS ha effetti diretti anche sulla riduzione premi.
Anche se l’entrata in vigore della modifica delle scale di conversione LAPS sulla RP sarà posticipata al 2018, la misura è da rigettare in quanto di fatto costituisce una riduzione degli importi soggettivi di RP dal 2018.
Esemplare per macchinosità, appare la modifica legislativa proposta e di seguito ripresa:
Art. 32a cpv. 2 e 3
2Per le unità di riferimento senza figli, il reddito disponibile massimo è definito come segue:
RDM = costante del 3.2 x 50% del limite di fabbisogno, senza computo della pigione, ai sensi della legge sull’armonizzazione e il coordinamento delle prestazioni sociali (Laps) del 5 giugno 2000 applicabile all’unità di riferimento.
3Per le unità di riferimento con figli, il reddito disponibile massimo è definito come segue:
RDM = [ costante del 4.5 + (1 - (n. figli) / 10) ] x 50% del limite di fabbisogno, senza computo della pigione, ai sensi della legge sull’armonizzazione e il coordinamento delle prestazioni sociali (Laps) del 5 giugno 2000 applicabile all’unità di riferimento.
Proprio queste conseguenze sono da abolire attraverso l’invocazione di un sistema di attribuzione della RP più semplice e soprattutto maggiormente trasparente verso il cittadino beneficiario.
Parimenti da rigettare la controproposta contenuta nel Rapporto di maggioranza (pag. 9):
"Per questa ragione si propone da un lato di introdurre per il calcolo del premio medio di riferimento una ponderazione maggiore dei modelli di assicurazione che garantiscono le medesime prestazioni a un costo inferiore con l’indicazione di verificare regolarmente se vi sono modelli più efficienti che debbano essere adottati per tale calcolo del premio medio di riferimento.
I modelli alternativi LAMal sono poco controllabili, non uniformi da un assicuratore all'altro, contengono limitazioni anche pesanti per l'accesso alle cure, di modo che non possono essere sottoscritti da assicurati anziani o malati, e sovente sono contraddistinti da premi dumping (come già successo addirittura con il metodo assicurativo medico di famiglia).
L'esortazione che segue, proposta nel Rapporto di maggioranza, può essere seguita:
"Dall’altro lato si chiede al Governo di agire ancora verso la Confederazione per modificare il sistema dei sussidi per i beneficiari di prestazioni complementari AVS e AI."
Con un solo richiamo.
La soluzione in vigore oggi nel Cantone Ticino potrebbe essere contraria al diritto federale vigente e prevalente.
Potrebbe bastare quindi un ricorso per far cadere il tutto?
5.1.8    L-rilocc: abolizione art. 10 per l’indennità straordinarie di disoccupazione
L’art. 10 L-rilocc (Legge sul rilancio dell’occupazione e sul sostegno ai disoccupati), introdotto nell’ultima revisione della Legge sul rilancio dell’occupazione, prevede il riconoscimento di 120 indennità straordinarie di disoccupazione alle persone che esauriscono il diritto alle indennità di disoccupazione previste dalla LADI (Legge sull’assicurazione contro la disoccupazione), e sono subordinati ai criteri di reddito stabiliti dalla LAPS (Legge sull’armonizzazione delle prestazioni sociali).
La disposizione appare utile in un momento in cui tutte le misure contro la disoccupazione hanno registrato contrazioni.
E le spiegazioni del Consiglio di Stato non appaiono convincenti, in quanto si tratta di precipitare in tempi anticipati persone senza lavoro in assistenza sociale; ossia in un ambito socialmente ben più stigmatizzante.
Per queste ragioni la misura proposta è da rigettare.
 
5.    LE MICROMISURE PARADOSSALI E GLI EFFETTI COLLATERALI
Si colpisce la parte socialmente debole
La manovra prevede misure socialmente pesanti che vanno ad incidere anche su situazioni delicatissime:
•    aumento della retta per collocamento di invalidi (motivata dal fatto che è un pezzo che non aumenta!);
•    aumento della spesa per la frequentazione di laboratori protetti e centri diurni per invalidi;
•    tassa per la richiesta di permesso di parcheggio di invalidi (che non dà comunque diritto alla gratuità di parcheggio, ma solo al diritto di usufruire dei posteggi larghi).
Gli aggravi per il monitoraggio
Per le micromisure verrà istituito un copioso organismo di monitoraggio:
"Allo scopo di garantire un effettivo raggiungimento degli obiettivi finanziari che il Governo si è posto, verrà istituito uno specifico gruppo di lavoro, composto da un rappresentante di tutti i Dipartimenti, che avrà il compito di monitorare l’andamento del pacchetto di risanamento. Il Gruppo di lavoro dovrà verificare sia l’effettiva implementazione sia l’efficacia delle misure della manovra, in particolare per quanto riguarda il reale impatto finanziario nei conti del Cantone."
Con i costi che ne derivano!

 
6.    CONCLUSIONI
Le rivalutazioni dei valori di stima senza airbag sociali e le misure sociali sono tutte da rigettare di principio per impatto negativo sulle fasce deboli di popolazione.
La manovra di per sé, priva di logica nel suo insieme e con finalità risparmistiche del momento, che richiama altre manovre di questa natura in futuro, è da rigettare come metodologia non adeguata per il controllo, e il risanamento strutturale, delle finanze dello Stato.
Se il 60% dei residenti non paga le imposte o poco o nulla non si può rimanere silenti, aumentare il salario ai ceti bassi è l’unica risposta sensata a quel 60% di gente che lavora, ma che figura nei working poor. La salvaguardia del mercato del lavoro (9 febbraio, prima i nostri) e il reddito di cittadinanza devono essere la priorità.
Infine si deve ragionare sul lungo periodo, in un mondo politico privo di proposte proprio nei prossimi giorni potremmo dare una svolta positiva accettando la nostra iniziativa popolare «Per un’economia sostenibile ed efficiente in materia di gestione delle risorse (economia verde)».
Produrre energia rinnovabile e locale e riciclare ed essere efficienti fa bene alla bilancia economica dello Stato, favorisce il mercato interno e crea lavoro.
E questo lo diciamo a chi, in questo periodo storico sta combattendo per l’iniziativa economia verde e la svolta energetica.
 
Per la minoranza 2 della Commissione gestione e finanze:
Franco Denti, relatore
Ultima modifica il Martedì, 20 Settembre 2016 09:28